Il peso
Neri Pozza
Oggi
è il primo giorno dell’anno.
Ho dormito fino all’una, non ho detto una parola
per tutto il giorno: post-bagordi. Succede così. Mi sono trascinata dal letto
al divano, ho messo un disco, poi un altro e un altro e mi sono messa a
leggere. Non ho fatto altro, sette ore così. Ho finito Il Peso, di Liz Moore, e
ora, come promesso agli amici di Peek-a-book, ne scrivo.
Quando
l’ho cominciato, quattro giorni fa, uscivo provata da Il petalo cremisi e il
bianco (Michel Faber), e avevo bisogno di qualcosa di molto diverso. Non sapevo
cosa, non sapevo “diverso come”, e mi sono messa a leggere gli incipit dei
libri in elenco per Women Challenge. L’intenzione era quella di leggere un paio di pagine per ognuno e scegliere da quale partire.
Due
pagine della Yoshimoto.
Due
pagine della Delijani.
Due
pagine della Moore.
Anzi
tre.
Anzi
trenta.
Anzi
trecentocinquantadue. In apnea.
Cominciamo
con la storia.
New
York.
C’è
un ex-professore quasi sessantenne, obeso come riescono a essere obesi solo da
quelle parti (Non ho modo di sapere esattamente quanto peso, ma credo di essere
tra i duecentoventi e i duecentosettanta chili), che non esce di casa dal 2001. Ordina montagne di cibo via internet, trascorre le giornate
davanti alla tv, butta la spazzatura di notte, dalla finestra, per non farsi vedere. La sua casa è un
cesso di avanzi di cibo e riviste, o almeno così è al piano terra. I due piani
superiori, dove ci sono le camere, non si sa in che stato siano, perché Arthur
Opp non è più in grado di andarci. Inutile dire che è solo, vero? L’unico
contatto con la vita sono le lettere che si scambia con un’ex-studentessa,
Charlene.
C’è
un ragazzino, una promessa del baseball, un ragazzino dei quartieri poveri che
però va a scuola coi ricchi, perché sua madre, alcolizzata, disoccupata,
depressa, vuole per lui una vita migliore. Sua madre, sì. Charlene. La stessa
Charlene che vent’anni prima andava a lezione da Athur Opp.
Due vite che viaggiano, l'una ignara dell'altra. Finché.
E
ora, il come. Come questa storia è raccontata. Gesù, che roba.
Immaginatevi
alla finestra. State stendendo, è una bella giornata ventosa e i vestiti si
asciugheranno in un niente. A questo pensate, ai vestiti asciutti, mentre una molletta cade a terra. Vi
chinate a raccoglierla e quando vi tirate su, chissà perché, non badate alla
finestra aperta. E prendete in pieno lo spigolo di alluminio, nel centro della
testa.
Ecco:
quel dolore lì, così violento, così inatteso, vi colpirà di continuo per tutte
le trecentocinquantadue pagine.
Così:
Era
Charlene Turner. Non credevo che avrei mai più sentito la sua voce in vita mia
ma Dio come ne sono stato felice. Ero lì lì per lanciare un grido ma mi sono
costretto a tacere. Mi sono messo una mano sulla bocca e mi sono morso il
palmo.
E così:
E
poi questa mattina, visto che non avevo nient’altro da fare, mi sono seduto a
scriverle la lettera che ho continuato a ripetermi nella testa, la lettera che
dice la verità, l’ammissione taumaturgica dei miei segreti più oscuri, la
lettera che sapevo avrei dovuto spedirle se ci fossimo incontrati di nuovo. La
lettera che le avrei inviato in quel momento se non mi fossi comportato come un
gran vigliacco. Il vigliacco che in realtà sono.
Insomma
ci siamo capiti. Fa un male cane. Eppure non è una storia disperante, al
contrario. Quando finalmente arrivi in fondo all’ultima pagina (ed è il caso di dirlo,
finalmente, perché quando ci arrivi quel peso lì non lo sopporti più), prendi un respiro
gigante, il più profondo che i tuoi polmoni siano in grado di reggere.
Resti un attimo appeso.
Espiri
piano, e a lungo.
E
sorridi.
Senza peso.
5 commenti:
Non conoscevo questo libro, ma adoro la recensione che ne hai fatto e sono subito corsa su Anobii ad aggiungerlo alla mia wish list, grazie! :)
Complimenti per il tuo primo libro valido per la "Women Challenge"!
Valentina
www.peekabook.it
Vien voglia di andarlo a cercare subito questo libro... ci sono dolori come quello allo spigolo della finestra che fanno malissimo ma sembrano quasi epifanie... ottima recensione! :-)
Grazie! :)
Il libro merita davvero.
Riesci a fare recensioni bellissime a libri che so non riuscirei a leggere anche se dopo averti letta la tentazione c'é.
È che ´gna faccio.
Ho bisogno di cattiveria in questo periodo, ho bisogno di caricare la molla per partire a testa bassa incurante dele conseguenze. Ma me lo sono segnato, come altri che hai recensito e che un giorno chissá..
zio Maiale
Fai così: la prossima volta che vai in libreria, sfoglialo. Leggi le prime righe, poi ancora qualche brano qui e là.
Se non ti piace, lo molli.
Ma sono pronta a scommettere che te lo porti a casa.
Ciao, zio Maiale. :)
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