sabato 22 febbraio 2014

La capra

Oggi per la prima volta mi sono innamorata.
Oggi per la prima volta mi sono innamorata di una donna.

Bar della stazione. Ho cinque minuti prima che il treno parta, il tempo di un caffè trangugiato. Lei è in coda alla cassa davanti a me, per mano ha un bambino sugli otto anni. Si volta per raggiungere il bancone. La pelle scura, gli occhi distanti da capra e verdi come muschio su un albero.
Mi regala un sorriso che così non mi ha sorriso nessuno, mai.
Ordina due cappucci al barista, li posa poi su un tavolino brutto e si siede, col bambino, a fare colazione.
“Un caffè,” dico io, belando. Verso lo zucchero di canna, e granelli d’oro si spargono sul bancone. Mi giro, lei mi sta guardando e di nuovo mi sorride in quel modo. Dio.
È tardi. Butto giù il caffè senza neanche sentirne il sapore, esco dal bar e, mentre scendo le scale, un brivido lento mi sale lungo le gambe, lungo la schiena, come un insetto pigro.
Avrei voluto baciarla. Stringerla. Portarla via con me.
Ma è andata. Io sono andata. Arrivederci, mia bella.



lunedì 17 febbraio 2014

17 febbraio - Gatto bianco, Gatto nero e Libero Pensiero

Oggi m'è tornata in mente questa. 
Sarà che è la giornata del gatto?
Sarà.

Trilussa
La Libbertà de pensiero

Un Gatto bianco, ch’era presidente
der circolo der Libbero Pensiero
sentì che un Gatto nero,
libbero pensatore come lui,
je faceva la critica
riguardo a la politica
ch’era contraria a li princìpi sui.

“Giacché nun badi a li fattacci tui,
- je disse er Gatto bianco inviperito -
rassegnerai le propie dimissione
e uscirai da le file der partito:
ché qui la pòi pensà libberamente
come te pare a te, ma a condizzione
che t’associ a l’idee der presidente
e a le proposte de la commissione!”

“E’ vero, ho torto, ho aggito malamente…” 
Rispose er Gatto nero.

E pe’ restà ner Libbero Pensiero
da quela vorta nun pensò più gnente.





venerdì 7 febbraio 2014

Il tempo è un bastardo

Jennifer Egan
Il tempo è un bastardo
minimum fax
















Secondo libro per Women Challenge, la sfida lanciata dagli amici di Peek-a-book.

Di nuovo, come avevo fatto per Il Peso, dico la mia.

Questo è un romanzo. 
Anzi no. 
Sono racconti. 
Però i protagonisti dei racconti sono sempre gli stessi, quindi è un po' come se fosse un romanzo.

Il tempo (quel bastardo) viaggia avanti e indietro, a mostrare pezzi di storia, e un racconto finisce col fare luce sul buio di un altro.

C’è un sacco di gente. 
Gente che vive, che muore, che sopravvive.
C’è un periodo che va dagli anni ’70 a un futuro prossimo. 
C’è New York, c’è San Francisco, ma ci sono pure Napoli e l’Africa.
C'è un sacco di musica.

Quello che provi, all’inizio, quando, dopo il primo racconto, e poi dopo il secondo e il terzo, lo spaziotempo salta per aria e tu leggi sì degli stessi personaggi, ma non trovi nulla di lineare, è una sensazione simile a quella che proveresti di fronte a un coro bizzarro, eterogeneo, freak, composto da bambini adulti cani nani clown leoni barbe suonatori: quando stanno per attaccare a cantare e suonare, d’istinto ti porteresti le mani alle orecchie o fuggiresti via.

Ecco: non farlo. 

Non fuggire, ascolta. 

Perché quel coro, che pure stride, urla, percuote, alla fine fa la meglio cosa che possa fare un libro: ti stupisce. E ti porta a ballare con gli altri del coro, centellinando lo spazio tra ora e domani finché il tempo non sembra muoversi al contrario.