Articolo pubblicato su ScubaZone n.12
All’inizio è un casino.
Come quando devi prendere la patente, e le
prime volte che guidi non ci credi che devi stare attento a tutto: il volante,
le frecce, le luci, il clacson, le spie, e gli sparacosi dell’acqua dove
cacchio sono, l’aria calda, l’aria fredda, sbrina il lunotto, lo specchietto,
gli specchietti, la marciavanti, la marciandietro, il parcheggio in salita, a
sinistra. Ogni tanto, poi, ti devi pure ricordare di guardare che succede in
strada.
Senbee |
All’inizio è un casino.
Programmi un’immersione con un anticipo di
dieci giorni (metti che poi non c’è
posto) e da lì inizi a controllare il meteo ogni tre ore, ogni due, e confronti
le previsioni di sette siti, fai la media della forza del vento e dell’altezza
dell’onda, cerchi di capire se vento da
sudovest sia una buona o una cattiva notizia.
Quando ti chiamano dal diving
per dirti che va tutto bene e che sì, si può andare, il respiro ti si mozza e
non capisci se sei contento oppure no.
Hai scaricato l’ultima Scuba App per lo smartphone
con una check-list completa di ogni pezzo dell’attrezzatura; c’è pure l’elenco
dei documenti che servono e delle cose che ogni subacqueo deve sempre avere con
sé (dalla bottiglia d’acqua alla mannaia). E tu prepari la borsa seguendo la
lista punto per punto, diligente, controllando, pure a ritroso (metti la
spunta, togli la spunta), di non aver dimenticato niente.
Hai la sudarella.
Di colazione non vuoi neanche sentire
parlare: il tuo stomaco è una prugna secca.
Carichi tutto in macchina, e nel tragitto
continui a chiederti se non avrai dimenticato qualcosa. Speri che il mare sia
piatto, che quel dondolio lì, quando il gommone si ferma, proprio non ti piace,
e preghi che ci sia una visibilità di almeno duemila metri, così da non
rischiare di perderti la guida, o il compagno, o tutti e due.
Sul gommone non parli, controlli
l’attrezzatura venticinque volte, ripeti a fior di labbra la formula magica
(una roba tipo rorangiavercelindavio, solo che serve a fare l’ennesimo check e
non a ricordare i colori dell’arcobaleno), sei sempre l’ultimo a entrare in
acqua e quando è il momento di scendere tutti vanno giù, mentre tu e la tua
ansia restate a spaperettare a galla.
Svuota i polmoni, ti dicono, li ho svuotati, dici tu, non muovere le gambe, dicono, non le sto muovendo, dici. Finché
qualcuno, stufo, t’acchiappa e ti tira giù.
Un giorno succede che entri in acqua,
sgonfi il gav e scendi. Così. Gluglu. Eppure ti pare di aver fatto tutto uguale
a sempre, e ti aspetti la solita pantomima. Invece scendi giù, facile facile.
E da quel momento tutto cambia.
Prenoti poco prima, e se non c’è posto,
pazienza. Ma il posto c’è sempre.
Controlli il meteo qualche volta. Forse.
Prepari la borsa senza nessuna check-list,
che ormai hai il tuo metodo personalissimo: piedi-pinne, corpo-muta,
testa-cappuccio. E via così. Infallibile.
A colazione, mangi come un porcello e saltelli
felice per la cucina; in macchina, canti a squarciagola mentre già t’immagini
laggiù, a danzare tra le acciughe e i barracuda e godi solo all’idea. Speri di
incontrare un delfino, preghi di vedere un pesce luna. Magari una balena.
Pesce luna |
Quando arrivi al diving, non ti preoccupi
se scopri che il mare è un po’ increspato e quando il gommone salta sulle onde ridi
e ti diverti come un moccioso.
Respiri il mare vaporizzato, ti godi il blu
del cielo, e sei partecipe quando si tratta di scegliere il punto di
immersione.
“L’Altare? Ma di nuovo? No, dai, facciamo
il Raviolo! C’è quel passaggino all’inizio che quando sbuchi fuori dall’altra
parte, controluce, lo spettacolo è meraviglioso!”
Il gommone si ferma e dondola, ma tu non ci
fai più caso, e indossi il gav mentre racconti ai compagni l’ultimo viaggio
fatto, calzi le pinne mentre fantastichi sul prossimo che farai, infili il
cappuccio ridendo di una battuta scema.
Su la maschera, erogatore in bocca,
capriola e sei in acqua prima degli altri. Butti la faccia sotto mentre aspetti
che tutti siano pronti, e sei impaziente, vuoi andare, seguire quel sarago lì,
sì proprio quello, chissà dove se ne va.
Ok, è ora. Finalmente!
Scarichi il gav, scendi un metro, compensi,
due metri, tre, fai un bel respiro, compensi, quattro metri, cinque, resp…
Ti sbracci.
Hai gli occhi di fuori.
Strappi di dosso al compagno
la fonte d’aria alternativa, ti ci attacchi come un neonato alla tetta.
Lui ti guarda perplesso. Tu fai timido un
segnale.
“Saresti mica così gentile da aprirmi la
bombola?”
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