giovedì 31 maggio 2012

Urla nella notte


Lavoro tutto il giorno. O, almeno, ci provo: mi distraggo facile, mi sorprendo col naso per aria e la mente che viaggia. Ma riesco comunque ad arrivare in fondo alla giornata con qualche prodotto decente, con le richieste soddisfatte.
Quando esco di qui, letteralmente corro a casa, salto gli scalini a due a due (fino al terzo piano, poi mi scoppia un polmone e rallento), accendo il pc mentre mi spoglio, inserisco la password mentre infilo la maglietta IO TIFO  BOLOGNA, poso il culo tondo sulla sedia e mi prendo cura di Lei per ore. 



I gatti si sentono dimenticati e tentano di distruggermi la porta. 
Non capitolo, metto a tacere cuordimammagatta e nutro la Creatura. 
Che da ameba è diventata tumore, con una quantità inconcepibile di metastasi. 
E che da Creatura è diventata Esperimento. 
Comunque cresce e, contrariamente ai gatti, non avrebbe ragione di sentirsi trascurata. 
Eppure.



Verso l'una crollo, mi trascino esausta a letto, mi addormento all'istante. Per qualche ora va tutto bene, dormo, sogno poco (balene, in genere; vai a capire).



Poi mi sveglio: come punta, salto per aria; la Creatura esige, pretende, urla, spinge. 
Non le bastano il tempo e l'energia che le dedico, mai. 



Ed è pure stronza: lascio sempre il mio quadernetto azzurro sul comodino, provo a fissare le idee per sommi capi scrivendo qualche appunto; macché, niente, lei continua a gridare ed io mi devo alzare ed accudirla e rincuorarla, farle capire che ci sono, che non mi sono arresa, che non mi arrenderò.


Sono stravolta.
Ma non so quant' era che non mi sentivo così viva.

“Le cose che vado scrivendo qui potrebbero essere roba di poco conto; e io quindi non essere in grado di dare alla luce niente di grande, di importante. Ma dietro queste osservazioni di poco conto si celano grandi, vaste prospettive”.
["Pensieri diversi" di Ludwig Wittgenstein]


mercoledì 30 maggio 2012

Komponent


Quando lavoriamo insieme ho voglia di ammazzarlo. Mi schicchera i nervi.
Oggi quasi non ci siamo rivolti la parola; forse ci siamo detti ciao.
Ma poi.
Mi arriva un'email; c'è solo un link. A questo:




I wonder how long we can get away
Side by side, I'm stuck to my phony pride
Always craving for something missing

Never get it, I always try
Never get it, I'm always trying

Never really been down with someone
Everyone of us would wish to be.
Someday, not too far away, we'll be facing.

We never share what we hide, after all
We wanna share what we hide, after all

See you passing by everyday, yeah
We're living up time in the night
Everyone of us, deep inside wishes...

We would share what we hide, after all
We could share what we hide, after all
We could share what we hide, after all




Con questo gesto, caro Pëtr, ti guadagni un posto in Esperimento. Tu e le tue faccine alla rovescia.

 (-:

 

lunedì 14 maggio 2012

Destino infame non avrai il mio scalpo!



 
Venerdì sera.

Seduta al Banano davanti al solito Sbagliato (è il mio cocktail del periodo; niente commenti, grazie), scrivo ad Amal.

"Perché non vieni?"
"Dormito niente. E tu perché non vieni al Salone, domenica?"
Già. Perché?
"Io arriverò per le due. Poi torniamo a Genova insieme. Ho anche i pass. Eddai!"


Sabato pomeriggio, dopo una mattinata meditabonda.

"Ho deciso. Vengo."
"Grande!"
"Ma vengo in treno. Così leggo, scrivo; magari dormo. Sono previsti tuonifulminiesaette, la Smart non sarebbe una buona idea. Dunque, treno."
"Ottimo. Anzi, no. Vale, c'è sciopero domani!"
"Ma no! Vabbe', controllo. Ti faccio sapere."

Sciopero dei treni in Liguria sabato 12 e domenica 13 maggio 2012
Genova - Dalle 21 di sabato 12 maggio alle 21 di domenica 13 maggio, il personale ferroviario si astiene dal lavoro per lo sciopero indetto dai sindacati Filt-Fit-Uilt-Ugl-Fast. Mentre la circolazione dei treni a media e lunga percorrenza dovrebbe essere solo sfiorata dalla protesta, il programma di alcuni treni locali potrebbe subire variazioni.

Andata. Treno.

Domenica mattina.

In piedi davanti allo specchio del bagno, mi sento pensare: se Dio esiste, è uno sceneggiatore pazzo.
 
L'iPhone vibra. È Ecate.
"Oh! Non sei andata?"
"Parto tra poco."
"Ah ok. Buona fortuna."

M I N C H I A .

Il sangue napoletano mi si gela nelle vene. Datemi un cornetto. ORA.

 
Trucco parrucco, mi rimiro.
L'Omonero: "sei un po' troppo gnocca per andare a vedere dei libri."
"..."
"Dai, ti accompagno in stazione".
Il cielo è azzurro, l'aria è tiepida. E il tragitto in scooter fino a Principe è piacere puro.
Ma i tuonifulminisaette?
Leggo il tabellone: il treno regionale per Torino Porta Nuova partirà dal binario 17.
Tutto regolare.
Compro il biglietto, lo oblitero, mi siedo su una panchina.
"Io me ne vado, allora."
"Va bene. Grazie mille del passaggio. Ti chiamo più tardi."
Le scale si inghiottono l'Omonero; io, via iPhone, inizio a leggere Omicidi al Salone del Libro di Torino
Poche righe e le scale vomitano indietro l'Omonero.
"Ti hanno soppresso il treno."
Un GROSSO mattone precipita sulla mia testa.

 C’è un personaggio che vuole qualcosa. Avviene un incidente iniziale che avvia la storia e costringe il personaggio a muoversi per perseguire il suo obiettivo.
 Fabio Bonifacci, Scrivila ancora Sam, lezione n.4.

'Sti cazzi. Il personaggio sono io, eh.

 Anche quando il primo ostacolo è esterno, quelli che seguono dipendono (anche) dalle scelte del personaggio, portano in sé le tracce della sua natura, dei suoi limiti, delle sue paure e dei suoi desideri.

"Fatti rimborsare il biglietto, almeno."
"I soldi sono l'ULTIMO dei miei pensieri!" abbaio. Ma mi metto in coda. Mi immagino in autostrada da sola, il cielo nero, l' acqua a secchiate, il navigatore impazzito - tra duecento metri fare inversione a U . No. Follia.

"Puoi chiedere se parte il treno dopo."

Faccio un rapido calcolo: tornare a casa, sei piani di scale, documenti della macchina, navigatore, accendere il PC, trovare l'indirizzo preciso, stampare tutto... e il treno dell'una e mezza è già bello che partito. Mmm...

È il mio turno.
"Buongiorno. Senta, io ho fatto il biglietto per Torino e..."
"Ah" Hai fatt'il biglietto per Torino!" mi interrompe l'Omino con forte accento napoletano. "E allora non sei furba!"
Stai rischiando grosso, coso. 

 
"In effetti, no. Posso sapere se il treno dopo..."
"Eiochennesò. Io, le cose, le so quando le sai tu. Anzi, pure dopo di te. Se vuoi, posso dirti che di sicuro parte l'Intercity delle quindici."
"Troppo tardi. Pazienza. Posso avere il rimborso del biglietto?"
"Mi serve un documento."
"Prego?"
"Signuri', qua non è che non si fidano di te; è di ME che non si fidano: vogliono sapere a chi do i soldi."
Fumo. Dal. Naso.


L'Omonero mi acchiappa e mi abbraccia, sussurra "dai!".
Lancio la carta d'identità in malo modo.
Facciamola finita.
Recupero i miei undici euro, faccio per andarmene.
"Se tu fossi intraprendente - dice l'omino - andresti qui fuori e chiederesti a gran voce: chi deve andare a Torino?"
"UN CAZZO! Se io fossi intraprendente, ora me ne andrei a casa a prendere la MIA macchina! Forza Napoli!"
E lo mollo lì, basito.

Torno a casa, sei piani di scale, documenti della macchina, navigatore, accendo il PC,  trovo l'indirizzo preciso, stampo tutto; ridiscendo (nel frattempo il cielo s'è annerito), quasi di corsa arrivo in via Chiusone e...

NON C'È.
La macchina NON C'È.

Escalation degli ostacoli
Nel pianificare il percorso ostacolo-reazione c’è un’altra regola che può apparire scontata e che invece chiunque - anche i più esperti – talvolta dimenticano: ogni ostacolo deve essere più difficile di quello precedente. Occorre costruire un crescendo.


Ho capito merda, ma 'sta qui è roba vera, è la mia vita porcocazzo!
Non cedo. Respiro profondo. Faccio mente locale.
Venerdì sono uscita presto da Nuovo Recinto. Non ho trovato traffico, il semaforo era verde, ho svoltato a destra, ma... non c'era parcheggio in via Chiusone! La trattoria. Ho parcheggiato davanti alla trattoria!

Trafelata, accaldata, sudata, torno indietro, percorro i duecento metri che mi separano da La Comida ed eccola lì. Oddio: nottetempo deve aver litigato con un gabbiano con la caghetta, ma è lì.
E il cielo è di piombo.
Salgo, imposto il navigatore, aspetto la ricezione del satellite.
Un minuto.
Due.
Tre.
Macina a vuoto.
Impreco. Intanto parto, poi vediamo.
Metto in moto, Kasabian a palla, vado verso Cornigliano. All'altezza dell'imbocco dell'autostrada il navigatore si sveglia.
Oh! Il primo segnale positivo della giornata.
La strada è semideserta, il verde acceso delle colline sul cielo d'acciaio non è un brutto spettacolo. Canto (stonatissima) a squarciagola. 

Sono eccitata. No, sul serio: sessualmente eccitata, intendo.
Riconosco questa botta. È la stessa che mi ha fatto arrivare da sola ad Aarau, prendendo treni e autobus alla sperindio, quattro lire in tasca, solo per andare a vedere gli Almamegretta. Era il 2001.

Ho fame. Forse dovrei fermarmi, ma tutto fila così liscio, sono lanciatissima, non mi va. La borsa sul sedile del passeggero, allungo la mano destra alla ricerca di una barretta e della bottiglietta dell'acqua.

 Appena il personaggio affronta un ostacolo più “facile” di quello già superato, l’attenzione cala immediatamente. E’ una sfida che non interessa più, perché sappiamo come va a finire. Se uno ha saltato una siepe di due metri, è stupido fargli trovare davanti un muro di due metri: è più duro, ok, ma sappiamo che può saltarlo, quindi ci annoiamo. Sappiamo già “come va a finire”.
Ora il protagonista potrebbe perdere il controllo della macchina e...

Ma S U C A!

Infilo la barretta in bocca, entro in una galleria.
All'uscita, il cielo è pieno di fiocchi bianchi. Nevica?!?
No. Sono i petali bianchi delle robinie. Belìn, che scena giappo!



Tra cinquecento metri, prendere la rampa a destra.

Ci siamo. Lingotto all'orizzonte. Orario d'arrivo: 14.40, così come da tabella di marcia. Parcheggio. Scendo (mi tremano un po' le gambe), Amal mi aspetta alla biglietteria. Fa penzolare il pass:
"Sto pescando una rossaaa!"
Prendo il pass al volo:
"Abboccato!"


 (notare, prego, il cartello di PERICOLO...)



venerdì 11 maggio 2012

Tempo


Trasformo il dolore e la frustrazione in frenesia creativa.
Qualunque cosa ne verrà fuori, anche una merda, sarà servita a portarmi via dalla palude dell'inedia e della rassegnazione.
Quest'onda mi cambia la faccia. Allo specchio stento a riconoscermi. Ho perso già due chili. Brucio.
Prigioniera a Nuovo Recinto, mi riprendo il MIO tempo.
Senza sensi di colpa. Era mio, me lo riprendo.
Sulle note di Sky and Sand, nutro la Creatura. E vi mando tutti a fare in culo.


giovedì 10 maggio 2012

OCCHI ACCESI

Meganoidi - Welcome in disagio 

non ritornerò mai più in quella stanza vuota
le pareti mi hanno tolto ogni sorso d'aria
non riesco più a nascondermi dalla mia fame
voglio ritrovare un'anima per la mia carne

penso che scriverò senza più i margini
quando rileggerò troverò soltanto i sogni più lucenti e limpidi

partirò gridando la mia voce non la sento
viaggerò sfidando e sconfiggendo il tormento
navigo la notte occhi accesi e faro spento
si festeggia la mia vita perché non mi pento
                                                perché non mi pento

ora riesco a farmi amare senza farmi male
le pareti sono trasparenti e vedo il mare
no non voglio più nascondere le mie mani
ora voglio raccontarmi solo con gli sguardi

penso che scriverò senza più i margini
ora che sono qui varcherò i confini più lontani e  invalicabili

partirò gridando la mia voce non la sento
viaggerò sfidando e sconfiggendo il tormento
navigo la notte occhi accesi e faro spento
si festeggia la mia vita perché non mi pento
                                                perché non mi pento 


giovedì 3 maggio 2012

Il mio nome è Gallinella


La rabbia brucia in gola.
Digrigno i denti.
Gli occhi, due fessure.
Una smorfia mi deforma il grugno. 
Senza emettere un suono, fulminea, afferro la mia Parker e la ficco con tutta la ferocia di cui sono capace nella mano aperta di SpiaRussa, la mano aperta sul MIO disegno, la mano con cui, imbecille e presuntuoso, corregge errori inesistenti, illudendosi così di avere ME in pugno. Idiota.
Uno schizzo di sangue mi arriva sulla faccia. Mi lecco le labbra.
Che buon sapore.
SpiaRussa sta urlando. 
Ma io non sento niente.
SpiaRussa è in ginocchio alla mia scrivania, la mia Parker lo inchioda alla mia tavola PERFETTA. 
Ma io non vedo niente.
So solo che sto sorridendo.

Il mio nome è gallinella