Ogni volta che un amico ha provato a spiegarmi la musica, ho detto: no,
grazie.
Non volevo che svelasse il trucco, che smontasse la magia.
Non volevo inseguire la linea di basso, l'assolo di chitarra come fossero
slegati.
"Mi piace il sapore della torta, il gusto che viene dalla somma e
dall'equilibrio degli ingredienti; non farmi leccare la farina."
Poi succedono cose.
Un amico mi fa notare che scrivere per se stessi è come masturbarsi. Niente di
male, ma scopare è un'altra cosa.
Così.
Mando un racconto a un concorso letterario. E vinco: la pubblicazione del
racconto in un'antologia e un contratto con I Sognatori.
Sono fiera e preoccupata: la mia unica esperienza con qualcosa che sia più
lungo di dieci pagine è l'Esperimento, che sì ormai è alle battute
finali, ma che fatica.
Leggo montagne di libri di scrittura creativa, quelli dei grandi:
King, Vargas Llosa, Carver, Queneau.
Imparo a memoria le otto regole di Gaiman.
Le dieci regole di Leonard.
Le tredici regole di Palahniuk.
Il tridecalogo di Kerouac.
Ora, quando leggo, lecco la farina.
Mi soffermo sui personaggi, sulla coerenza del plot, sulle digressioni,
sulle descrizioni, sui verbi dei dialoghi, sull'(ab)uso degli avverbi,
sull'equilibrio della punteggiatura.
Non so se imparo a scrivere meglio.
Di certo, mi fotto la magia.
Fino a che.
1Q84.
La storia di Tengo, lo scrittore. Di Komatzu, l'editor. Di Fukaeri, la
dislessica. Di Aomame, l'assassina il cui nome significa piselli verdi. Di Ogata, la vecchia che salva le donne. Di Tamaru,
la guardia del corpo. Di Ushikawa, l'investigatore capoccione.
La storia di una truffa letteraria, di un mondo parallelo (ma forse due),
di persone piccole che costruiscono crisalidi d'aria.
Descrivendo il lavoro di Tengo, Murakami infila regole e consigli di
scrittura.
“Diede una scorsa al
brano, aggiunse delle spiegazioni ai punti difficili da capire, e rese più
visibile il flusso della narrazione. Eliminò le parti superflue e le
ripetizioni, e integrò quelle insufficienti. Qui e là modificò l'ordine di
alcuni passaggi o frasi.”
Ma 1Q84, che spalma le vicende dei personaggi in tre libri e mille pagine,
è un romanzo pieno di parti superflue e ripetizioni: quante volte Ushikawa fa
pipì? Quanti sono i pomeriggi che Aomame passa sul balcone, con la coperta
sulle gambe, ad aspettare che Tengo si piazzi sullo scivolo del parco
illuminato con le lampade ai vapori di mercurio?
Raccontando le avventure di Aomame, Murakami fa dire a Tamaru:
- Čechov ha scritto: «Se
in un romanzo compare una pistola, bisogna che spari».
- Che significa?
Tamaru si mise in piedi
di fronte a Aomame. Era più alto di lei solo pochi centimetri.
- Vuol dire che in un
racconto non si devono introdurre oggetti se non sono necessari. Se in un
racconto spunta una pistola, è necessario che a un certo punto della narrazione
venga fatta sparare.
Ma la pistola. La pistola descritta cento volte, la pistola che Aomame
impara a smontare e rimontare al buio, la pistola descritta con tanta minuzia
che tu che leggi ne senti l'odore, il freddo, il peso. Quella cazzo di pistola,
alla fine, non spara.
È sempre Tamaru che dice:
- Cechov è un grande
scrittore, ma il suo modo di pensare non vale per tutti. Non è vero che tutte
le pistole che appaiono in una storia debbano fare fuoco.
Il terzo libro finisce.
Ma.
Ma.
Chi minchia sono i Little People? Che fine fa
Fukaeri? E la donna che trombava Tengo? E Tamaru e la vecchia? E tutta la
faccenda del padre di Tengo che rompe il cazzo a chi non paga le tasse della
televisione pure quando è in coma? E metti
un tigre nel motore alla rovescia?
Murakami usa Komatsu e spiega.
Quello che apprezzo di
più, soprattutto per quanto riguarda i romanzi, è non riuscire a comprenderli
completamente. Non nutro alcun interesse per le opere di cui mi sembra di capire
tutto.
Eppure.
Me lo sono bevuto tutto, ed era fresco e buono.
Mi sono annoiata, lì sul balcone con Aomame?
Mi sono annoiata, lì al capezzale del padre di Tengo?
Mi sono annoiata, lì nell'appartamento gelido con Ushikawa?
Mai.
Mi sono incazzata quando è finito senza dire dei Little People, della
vecchia, dell'amante, di Fukaeri, del tigre
girato alla rovescia?
Neanche per idea.
Ho lasciato andare Tengo e Aomame.
E per quattro notti ho guardato il cielo sperando di veder spuntare la
seconda luna, piccola, verde e rugosa come un pisello.
E quindi?
Quindi niente.
Stamattina il mio amico Claudio mi scrive così:
oggi parleremo di:
Verdi
è un contasorie, uno col plot.
Mozart invece ti racconta impeccabilmente la situazione.
non ne ha bisogno.
ascoltiamoli nell'incipit sullo stesso lavoro:
messa da requiem
mozart è anni luce avanti.
senza plot, senza un cazzo.
è trascendenza pura, è l'anima degli dei, altro che commedie e colpi di
scena
ma scherziamo?
mozart!
Sìsì. Certo che sì. 'Fanculo alle regole, 'fanculo al plot.
A patto però di essere Murakami. O Mozart.
11 commenti:
Se sei profonda.
E quanto sono orgogliosa di te.
Baci.
Valentina
www.peekabook.it
oh.
:)
Brava brava e brava!
Un bell'applauso e Viva il Genio di Murakami!!!
Viva!
Che bello questo articolo!
Credo che, come diceva un vecchio saggio, la verità stia nel mezzo: si deve avere l'abnegazione per imparare le tecniche e poi il talento per non usarle!
Grazie! ^_^
Esattevolmente!
Davvero un bel articolo.
Condiviso ;)
:) molte grazie!
Figurati ;)
Sono capitata per caso e sono rimasta folgorata da questo post. Complimenti!
:) grazie!
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