giovedì 5 dicembre 2013

All'inizio è un casino

Articolo pubblicato su ScubaZone n.12

All’inizio è un casino.
Come quando devi prendere la patente, e le prime volte che guidi non ci credi che devi stare attento a tutto: il volante, le frecce, le luci, il clacson, le spie, e gli sparacosi dell’acqua dove cacchio sono, l’aria calda, l’aria fredda, sbrina il lunotto, lo specchietto, gli specchietti, la marciavanti, la marciandietro, il parcheggio in salita, a sinistra. Ogni tanto, poi, ti devi pure ricordare di guardare che succede in strada.

Senbee


All’inizio è un casino.
Programmi un’immersione con un anticipo di dieci giorni (metti che poi non c’è posto) e da lì inizi a controllare il meteo ogni tre ore, ogni due, e confronti le previsioni di sette siti, fai la media della forza del vento e dell’altezza dell’onda, cerchi di capire se vento da sudovest sia una buona o una cattiva notizia. 

Quando ti chiamano dal diving per dirti che va tutto bene e che sì, si può andare, il respiro ti si mozza e non capisci se sei contento oppure no.
Hai scaricato l’ultima Scuba App per lo smartphone con una check-list completa di ogni pezzo dell’attrezzatura; c’è pure l’elenco dei documenti che servono e delle cose che ogni subacqueo deve sempre avere con sé (dalla bottiglia d’acqua alla mannaia). E tu prepari la borsa seguendo la lista punto per punto, diligente, controllando, pure a ritroso (metti la spunta, togli la spunta), di non aver dimenticato niente.

Hai la sudarella.

Di colazione non vuoi neanche sentire parlare: il tuo stomaco è una prugna secca.
Carichi tutto in macchina, e nel tragitto continui a chiederti se non avrai dimenticato qualcosa. Speri che il mare sia piatto, che quel dondolio lì, quando il gommone si ferma, proprio non ti piace, e preghi che ci sia una visibilità di almeno duemila metri, così da non rischiare di perderti la guida, o il compagno, o tutti e due.

Sul gommone non parli, controlli l’attrezzatura venticinque volte, ripeti a fior di labbra la formula magica (una roba tipo rorangiavercelindavio, solo che serve a fare l’ennesimo check e non a ricordare i colori dell’arcobaleno), sei sempre l’ultimo a entrare in acqua e quando è il momento di scendere tutti vanno giù, mentre tu e la tua ansia restate a spaperettare a galla.



Svuota i polmoni, ti dicono, li ho svuotati, dici tu, non muovere le gambe, dicono, non le sto muovendo, dici. Finché qualcuno, stufo, t’acchiappa e ti tira giù.

Un giorno succede che entri in acqua, sgonfi il gav e scendi. Così. Gluglu. Eppure ti pare di aver fatto tutto uguale a sempre, e ti aspetti la solita pantomima. Invece scendi giù, facile facile.

E da quel momento tutto cambia.

Prenoti poco prima, e se non c’è posto, pazienza. Ma il posto c’è sempre.
Controlli il meteo qualche volta. Forse.
Prepari la borsa senza nessuna check-list, che ormai hai il tuo metodo personalissimo: piedi-pinne, corpo-muta, testa-cappuccio. E via così. Infallibile.

A colazione, mangi come un porcello e saltelli felice per la cucina; in macchina, canti a squarciagola mentre già t’immagini laggiù, a danzare tra le acciughe e i barracuda e godi solo all’idea. Speri di incontrare un delfino, preghi di vedere un pesce luna. Magari una balena.

Pesce luna

Quando arrivi al diving, non ti preoccupi se scopri che il mare è un po’ increspato e quando il gommone salta sulle onde ridi e ti diverti come un moccioso.
Respiri il mare vaporizzato, ti godi il blu del cielo, e sei partecipe quando si tratta di scegliere il punto di immersione.

“L’Altare? Ma di nuovo? No, dai, facciamo il Raviolo! C’è quel passaggino all’inizio che quando sbuchi fuori dall’altra parte, controluce, lo spettacolo è meraviglioso!”
Il gommone si ferma e dondola, ma tu non ci fai più caso, e indossi il gav mentre racconti ai compagni l’ultimo viaggio fatto, calzi le pinne mentre fantastichi sul prossimo che farai, infili il cappuccio ridendo di una battuta scema.

Su la maschera, erogatore in bocca, capriola e sei in acqua prima degli altri. Butti la faccia sotto mentre aspetti che tutti siano pronti, e sei impaziente, vuoi andare, seguire quel sarago lì, sì proprio quello, chissà dove se ne va.

Ok, è ora. Finalmente!

Scarichi il gav, scendi un metro, compensi, due metri, tre, fai un bel respiro, compensi, quattro metri, cinque, resp…
Ti sbracci.
Hai gli occhi di fuori.
Strappi di dosso al compagno la fonte d’aria alternativa, ti ci attacchi come un neonato alla tetta.
Lui ti guarda perplesso. Tu fai timido un segnale.




“Saresti mica così gentile da aprirmi la bombola?”

Nessun commento: