Darsi alla
subacquea significa rinunciare a tutta una serie di inganni.
Significa dire
addio allo smalto sulle unghie (l’acqua di mare ha il superpotere di
trasformare una perfetta manicure in un orrore sciatto nel giro di un’immersione); dire addio al trucco,
che proprio non è il caso, e alla messinpiega.
I capelli corti si asciugheranno in fretta (il vento gelido che soffia impietoso
sulla chioma fracica non è piacevole) e l’acqua
entrerà meno facilmente nel cappuccio (e nel collo, e nella schiena, se usate
un cappuccio integrato).
Fate pure a meno di
trattenere il respiro per nascondere la pancia: il neoprene non perdona, è
traditore, è spregevole: sottolinea spietato ogni rotondità e regala centimetri
proprio lì, dove non servono. In compenso, schiaccia e sparpadella tette e chiappe
che è una meraviglia. Io, con la mia bella muta rosa, finisco col sembrare
Barpabapà.
Ma non
angustiatevi: i subacquei maschi sono uomini speciali, per niente superficiali,
che badano al sodo, alla sostanza, che apprezzano il fascino della donna
avventurosa, della bellezza genuina.
Vi racconto, per
esempio, di quella volta che…
Parco di Portofino,
settembre. Giornata splendida: mare piatto, blu, neanche una nuvola in cielo,
poche barche in giro. Siamo in dieci sul gommone. Io, come spesso accade, sono l’unica
donna. Un po’ in imbarazzo, mi siedo lontana dagli altri e cerco di darmi un
tono scrutando l’orizzonte.
“Che piacere, una
donna in barca!” dice uno.
“Sì, davvero!” fa
un altro, uno tutto lungo, muta indossata a metà e una patacca sulla maglietta
per ogni brevetto.
“Ci sono sempre poche donne subacquee. Come mai?”
Non so cosa
rispondere, così sorrido, mi metto più comoda e mi avvicino ai miei compagni di
gommone.
“Non so cosa darei
perché anche mia moglie si immergesse,” continua il Patacca.
“A chi lo dici,” strilla
un ciccionetto calvo. “Pensa che meraviglia: le domeniche sott’acqua, mica
davanti alle vetrine di scarpe!”
Tutti ridono. Pure
a me piacciono le scarpe. Cacchio, penseranno mica che giri con le pinne! Ma mi
guardo bene dal dirlo, e rido anch’io.
“E poi ci pensate
alle vacanze?”
“Vacanze sub senza
discussioni,” dice trasognato il Patacca. E aggiunge, vocetta stridula e mano
sul fianco: ”Ma io domani volevo fare il giro nel deserto col cammello e andare
a bere il tè coi beduini.”
Risate grasse.
Tutti mi guardano, e
io mi sento quasi gnocca, nonostante la zazzera da Gian Burrasca, nonostante le
occhiaie da sveglia alle sei del mattino e la pancetta, che da quando ho smesso
di fumare s’è piazzata lì e non vuole saperne di levarsi dai maroni.
Mayumi Kino |
Il barcarolo
strilla: “Siamo soli alla Gonzatti!”
Evviva!
I subbi mi aiutano
a vestirmi: chi mi passa il GAV, chi mi infila le pinne. Non ce ne sarebbe
bisogno, ma me la godo e mi lascio viziare. Capriola e olè, sono in acqua per
prima.
L’immersione è di
quelle indimenticabili: l’acqua è calda, la visibilità è perfetta e il mare ci
mostra il campionario delle sue creature in un carnevale di colori e giochi di
luce: barracuda d’argento tra centinaia di castagnole, gorgonie rosse, cernie
giganti e vanitose che si lasciano ammirare, e dentici, e salpe, e corvine, e...
Corvine |
Quando torniamo sul
gommone abbiamo tutti il sorrisetto ebete e appagato che segue un’immersione
perfetta. Mi sfilo il cappuccio e non me ne frega un piffero di avere i capelli
per aria.
“I barracuda, hai
visto quanti erano?”
“Sì, cacchio,
saranno stati un miliardo, lunghi due metri l’uno!”
“E le cernie, le
cernie?”
“Ma quali, le due
che si suonavano?”
“Quelle! Ho sperato
che una ci lasciasse le pinne: me la vedevo già sul girarrosto!”
“Ahaha!”
Fa caldo però, così
decido di togliermi la muta. Faccio segno al Patacca, che subito si presta ad
aprirmi la cerniera, ma non smette di parlare: ha visto una murena, dice, con
la testa come quella d’un leone.
L’operazione
sfilamento testa dalla semistagna mi richiede sempre tempo e fatica. Pur incastrata nella muta, continuo anch’io a raccontare: “Ma
quell’orgia di nudibranchi? Eh? Quanti erano, secondo voi? Cinquanta? Eh, che
dite, saranno stati almeno cento, uno sopra l’altro, uno dentro l’altro e…”
Qualcuno grida:
“Guardate lì!”
Sento il gommone
che si sbilancia, cerco di svincolarmi in fretta, ma più mi dibatto più
m’incasino.
“Uuh,” fa uno, dalla voce forse il Patacca, e io tiro, tiro, mentre
mi chiedo cosa ci sia, un delfino, un tonno, cosa sarà?
Mi libero.
Tutti i subbi, barcarolo compreso, sono dall’altro lato del gommone e
guardano in acqua, ipnotizzati.
Corro a vedere,
sbilanciando definitivamente il gommone da un lato.
Ma non è un delfino.
E manco un tonno: è un materassino. Un materassino rosa che porta a spasso, in
balìa dei flutti, una sciacquetta truccoparrucco fresca di bigodini, con un
bikini fucsia grande come un francobollo. E loro, i maschi, son tutti lì, a
perdere le bave.
Sgrunt.
Chiedimelo di
nuovo, Patacca, perché ci sono così poche donne subbe!
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